LA GIUSTA LUNGHEZZA PER IL PERIODO DI ATTESA VOLONTARIO DELLE VACCHE
Qual è la lunghezza giusta del periodo di attesa volontario? Alcuni studi fissano a 6 settimane il periodo ottimale tra parto e primo tentativo di fecondazione, con possibilità di differenziarlo vacca per vacca a seconda di molteplici fattori (stato di salute, mercato), fino a un massimo di 10 settimane.
A condizionare pesantemente questa delicata fase della vacca da latte sono due fattori: la corretta gestione delle fasi di transizione e post-parto. Il periodo di attesa volontario (PAV) è il tempo che intercorre tra il parto e l’inizio della nuova fase riproduttiva, oppure il tempo entro il quale l’allevatore non insemina le sue vacche anche se in calore. È una fase importante della gestione riproduttiva perché influenza il tasso di gravidanza, i giorni aperti e l’intervallo interparto.
È ormai ampiamente assodato che questo tempo varia tra 45-50 giorni e, per chi utilizza i sistemi di sincronizzazione delle ovulazioni, 60-80 giorni. La numerosa bibliografi a disponibile sconsiglia di intervenire con una fecondazione (per lo meno artifi ciale, tenuto conto che nel caso di uso di tori liberi nella mandria non è possibile altrimenti) al di sotto dei 40-45 giorni dal parto, periodo nel quale l’utero va incontro a una sua «riorganizzazione strutturale» che permette una nuova gravidanza.
Queste brevi note, però, vogliono essere anche un poco provocatorie e cercano di rispondere a una semplice domanda: nelle nostre stalle il periodo di attesa volontario è davvero calcolato e deciso dall’allevatore? In uno studio del 2007 sono riassunti i principali motivi di modifica del periodo di attesa volontario: salute nel post-parto (50%), stagione (18%), produzione di latte (18%), lattazioni (14%), altri motivi (ad esempio il Bcs) (14%).
Devo precisare che il periodo di attesa volontario sembra un concetto acquisito, ma non è così: diversi autorevoli ricercatori dibattono sull’argomento, giungendo, attraverso la ricerca e le sperimentazioni in campo, a conclusioni interessanti.
Devo precisare che il periodo di attesa volontario sembra un concetto acquisito, ma non è così: diversi autorevoli ricercatori dibattono sull’argomento, giungendo, attraverso la ricerca e le sperimentazioni in campo, a conclusioni interessanti.
Faccio «girarè» il mio modesto e non scientificamente attendibile data base e scopro che nel ciclo di fecondazioni avvenuto entro i 50 giorni post-parto (periodo di attesa volontario) ottengo il 29% di tasso di concepimento, a fronte di un tasso di concepimento di 32 della finestra successiva e di un tasso di concepimento complessivo di tutte le fecondazioni del 30%. L’aver iniziato a inseminare prima della fine del periodo di attesa volontario non ha penalizzato il dato.
Fonte: http://www.stalledalatte.informatoreagrario.it