Le difficoltà della messa in asciutta delle bovine
Indice dei contenuti
A seguito un articolo che parla delle difficoltà che frequentemente riscontrano gli allevatori quando le bovine arrivano al momento dell’asciutta con produzioni di latte elevatissime.
Le difficoltà al momento dell’asciutta
Tante bovine arrivano al momento dell’asciutta che ancora producono molto latte, capita spesso anche quando si riduce a 45 giorni la durata di questo periodo.
Riuscire a curare una buona igiene e somministrare una dieta povera fatta di fieno e paglia, senza far mancare l’acqua da bere, per far ridurre la produzione al di sotto dei kg 15 giornalieri prima d’interrompere definitivamente la produzione è estremamente difficile negli allevamenti che non sono dotati del reparto di “messa in asciutta”.
La riduzione del periodo d’asciutta al di sotto dei 45 giorni e l’interruzione della mungitura con produzioni superiori ai kg 15 giornalieri sono scelte molto pericolose per la salute della mammella e la produzione di latte nella lattazione successiva.
In molti hanno provato a vedere cosa succede alle bovine se si evita il periodo d’asciutta ma con risultati scoraggianti.
Gli obiettivi sanitari dell’asciutta
Sia l’asciutta “corta” (45 gg) che quella “convenzionale” (60 gg) hanno tre importanti obiettivi sanitari.
Il primo è quello di utilizzare questo periodo per eliminare il grasso che inevitabilmente si accumula nel fegato durante il dimagrimento tipico delle prime settimane di lattazione. Bovine con fegato grasso o steatosico produrranno meno latte, e avranno una fertilità peggiore e un sistema immunitario non perfettamente efficiente. Per aiutare a raggiungere questo obiettivo si fanno razioni che hanno almeno il 12% di proteina (sulla sostanza secca) ed eventualmente si fa ricorso a metionina e colina rumino-protette.
Il secondo è quello di eliminare dalla mammella il più alto numero possibile di batteri che causano le mastiti. Per raggiungere questo importante obiettivo si è fatto ricorso fino ad ora al trattamento sistematico di tutti i quarti di tutte le bovine con gli antibiotici, ma questa pratica non sarà più utilizzabile per il noto problema di diffusione del fenomeno dell’antibiotico-resistenza.
Il terzo è quello di aiutare la bovina a fare una buona scorta di nutrienti come gli amminoacidi e il glucosio che gli permetteranno di evitare gravi deficit energetici e proteici nei primi giorni di lattazione.
Le soluzioni pratiche per evitare danni alle bovine
Ci sono alcune soluzioni pratiche per evitare i danni derivanti dall’avere bovine da asciugare con troppo latte.
La prima è manageriale e consiste nell’evitare d’ingravidare bovine troppo presto perché si punta ad avere un intervallo part-concepimento il più ridotto possibile. Oggi la frisona ha spesso il picco di lattazione oltre i 70 giorni dopo il parto e quindi un precoce reingravidamento potrebbe ridurre il picco con effetti negativi sulla produzione dell’intera lattazione. Inoltre, le bovine ingravidate precocemente avranno una durata di lattazione inferiore ai 330 giorni e quindi produzioni elevate al momento dell’asciutta.
Disporre di un gruppo dove preparare le bovine alla messa in asciutta è di fondamentale importanza. In questi gruppi le bovine devono poter accedere regolarmente alla mungitura e avere una dieta a bassissima concentrazione energetica e proteica.
La somministrazione di una dieta “povera” alle bovine nel periodo di messa in asciutta, che può durare diversi giorni, è un controsenso inevitabile perché in questo momento si richiede al sistema immunitario la massima efficienza ma bisogna ridurre l’apporto di nutrienti per scoraggiare la produzione di latte. È ben noto che digiuno e immunità non vanno d’accordo per cui è consigliabile il ricorso agli antiossidanti vitaminici, come la vitamina E, ed agli oligoelementi in forma organica, come il rame, il selenio, lo zinco e il manganese. Utile è anche l’impiego degli amminoacidi utilizzati dalle cellule del sistema immunitario, come l’arginina, i propionati, il calcio o specifici sali anionici che migliorano la calcemia.
Fonte: ruminantia.it