Batteri e funghi micorrizici per incrementare l’assorbimento di fosforo nelle piante

Nei prossimi anni la grande sfida per l’agricoltura sarà rappresentata dalla produzione sostenibile di abbondanti colture alimentari per soddisfare la crescente domanda mondiale. I sistemi agricoli attuali dipendono fortemente dalle applicazioni continue di fertilizzanti chimici, principalmente azoto (N), fosforo (P) e potassio (K), che contribuiscono al declino della fertilità biologica del suolo.

In particolare, l’utilizzo di fertilizzanti a base di fosfati è aumentato dalle circa 5 milioni di tonnellate di P all’anno nel 1961 a circa 20 milioni di tonnellate nel 2013. Il fosforo è richiesto in grandi quantità dalle piante per una crescita ottimale, in quanto costituisce un componente strutturale di biomolecole coinvolte in diversi processi chiave della pianta, come la fotosintesi, la sintesi di DNA, RNA e fosfolipidi, la respirazione e il trasferimento di energia.

La maggior parte dei terreni agricoli contiene un’elevata concentrazione di P, sia in forma organica che inorganica, che è poco disponibile per l’assorbimento nelle piante a causa della sua immobilizzazione e precipitazione con altri minerali del suolo, come ferro (Fe) e alluminio (Al) in terreni acidi e calcio (Ca) in terreni alcalini. Pertanto, solo una piccola percentuale di P (<1%) è direttamente disponibile per l’assorbimento.

Sfruttare il microbiota del terreno per migliorare l’assorbimento di fosforo

In risposta a tale limitazione, una strategia sostenibile per lo sfruttamento e la mobilizzazione del P nel terreno sfrutterebbe l’abbondante microbiota associato alla radice vegetale.

La ricerca, che ha riguardato in particolare le piante di mais, è stata pubblicata sulla rivista Scientific Reports del gruppo editoriale Nature da un team internazionale di scienziati, coordinato dall’Università di Pisa e dall’Università di Copenhagen. E’ stato qui scoperto il meccanismo attraverso il quale alcuni batteri associati alle radici delle piante possono incrementare la crescita e l’assorbimento di fosforo già presente nel suolo, aumentandone lo sfruttamento e la mobilizzazione.

Una ricerca per mettere a punto fertilizzanti biologici

L’obiettivo dei ricercatori è stato quello di mettere a punto fertilizzanti biologici in grado di sostituire i superfosfati ad oggi utilizzati in agricoltura. Partiti da una base di oltre trecento ceppi batterici isolati nei laboratori di Microbiologia dell’Università di Pisa, i ricercatori ne hanno selezionati dieci, che sono poi stati studiati in Danimarca.

Tra i ceppi isolati vi sono PGPR (Plant Growth-Promoting Rhizobacteria) e AMF (Funghi micorrizici arbuscolari).

PGPR rappresentano un gruppo di batteri della rizosfera in grado di stimolare lo sviluppo della pianta, sia migliorandone la nutrizione minerale che producendo fattori di biocontrollo.

Gli AMF sono invece funghi micorrizici simbionti di molte piante e sono sempre più utili in campo agricolo. La simbiosi AMF-pianta porta ad una migliore capacità di produzione e a una migliore qualità del terreno. Questi funghi benefici instaurano infatti un rapporto simbiotico con le radici delle piante aiutandole ad assorbire elementi nutritivi e acqua dal suolo e ricevendo in cambio materie organiche (zuccheri, proteine, vitamine). Dove si sviluppano micorrize le piante sono più sane, vigorose e meno soggette a stress ambientali.

In questo lavoro è stato valutato l’effetto simbiotico di PGPR e AMF nella solubilizzazione del P. Utilizzando fosforo marcato radioattivamente è stata valutata la dinamica di assorbimento di questo elemento da parte delle radici delle piante e sono stati riscontrati risultati molto positivi.

Oltre ad essere green e riproducibili, i biofertilizzanti hanno anche proprietà biostimolanti. Per questo i ricercatori sono convinti del fatto che, grazie ai biofertilizzanti isolati in laboratorio, sarà possibile incrementare la produzione di cibo a livello mondiale, a vantaggio soprattutto dei Paesi poveri e in via di sviluppo.

Fonte: www.microbiologiaitalia.it